“Raffaella? Buongiorno, sono Frederick, un amico violoncellista mi ha detto che tu sistemi gli archi, io suono con un arco troppo pesante, puoi fare qualcosa?”
Leggero, pesante, è un film visto centinaia di volte, anche un po’ buffo, i musicisti dovrebbero sapere, gli insegnanti dovrebbero sapere che cosa rende “leggero” o “pesante” l’arco… mi guardo bene dal dire qualunque cosa a proposito, se non: “quando vuoi venire?”
Arriva puntuale, spumeggiante, vivacissimo, non sta fermo un secondo, è un torrente inarrestabile di racconti di ciò che gli succede con il suo arco, ha portato con sé il suo violoncello, decisamente un bel violoncello, di ottima fattura, e, naturalmente, l’arco… lo pesiamo insieme, 84 grammi, è in un range accettabile, mah, forse qualche grammo in più c’è…
Vado alla bacheca dei miei archi e ne prendo uno, glielo porgo, e gli chiedo di provarlo per qualche minuto con il suo strumento, senza spiegare nulla, mi guarda interrogativo, mi limito a sorridere… si siede, accorda, e prova, suite di Bach, deciso, e poi Brahms, tonante, e poi Dvorak, lieve…
Mi guarda, sorpreso, niente male, proprio niente male, leggero, aderente alla corda, sicuramente sarà un 80 grammi… lo pesiamo? …84 grammi!
Hanno lo stesso peso, eppure li sentiamo enormemente differenti… ricordo le lunghe discussioni con il Maestro Lucchi, perché due archi, realizzati con il legno dello stesso albero, risultano diversi? Uno suona, l’altro molto meno… vero, ci possono essere state lievi differenze nel processo di lavorazione, ma non tali da produrre quella differenza che è proprio oggettiva, e che in modo semplicistico viene tradotta in leggero e pesante.
Semplicistico sì, ma veritiero: è che le dita, il metacarpo, il carpo, il polso, l’avambraccio, l’omero, la spalla, la schiena, le gambe, i piedi, devono lavorare in modo diverso per ottenere il suono desiderato in funzione delle caratteristiche dell’arco… queste differenze vengono registrate come differenze di peso dell’arco, anche quando il peso è oggettivamente lo stesso.
Ci sono voluti anni di ricerca per trovare la risposta giusta, è fondamentale la perizia e l’abilità con cui il maestro costruisce l’arco, è fondamentale che la tecnica sia stabile e perfettamente dominata… ed è fondamentale una specifica qualità, una specifica caratteristica del legno.
Diciamo comunemente degli archi dinamici, un arco dinamico risulta leggero, aderisce bene alle corde, produce un suono migliore sia in volume che in qualità (qualità, già... altre discussioni infinite…). Che cosa vuol dire, realmente, arco dinamico?
Gli effetti li conosciamo, con un arco dinamico i balzati, i trilli, i puntati, le doppie corde, i flautati, gli armonici risultano precisi e leggeri… il cenno è istantaneo, il movimento completo è stabile, non sbanda, lo strumento risponde impeccabile, immediatamente, alla chiamata dell’arco dinamico.
Ancora, l’attacco della nota alla punta è pulito, immediato, il pianissimo è davvero un pianissimo, i passaggi veloci sono puliti, precisi, l’arco diventa lunghissimo, suona dalla punta al tallone, 32 note per arcata… alla fine l’abbiamo trovata, la risposta che ci serviva era nascosta nel suono dell’arco, nella velocità con cui la bacchetta trasmette il suono.
Per poter trasmettere il suono a seimila metri al secondo, il legno, che sappiamo essere stato vivo, essere costituito da microvasi e cellulosa, deve avere quella specifica compattezza, quella specifica resistenza al carico, alla trazione, alla flessione, solo allora potrà trasmettere il suono a seimila metri al secondo, sei chilometri al secondo, solo allora potrà generare, accoppiato con il crine, quel suono vivo, rotondo, preciso, quel suono capace di mettere in risonanza, letteralmente, il cuore, lo stomaco, il diaframma, le visceri, i polmoni, l’intero corpo di chi ascolta.
… la meraviglia del legno, che viene dalla vita, la meraviglia del crine, anch’esso prodotto dalla vita, dell’avorio della scarpetta, ancora frutto della vita, della “pece”… come non accettare che solo dalla materia che viene dalla vita possiamo ottenere un suono vivo...
Il Musicista mette tutto il suo corpo nel suono che ottiene dallo strumento, impiega con abilità sofisticatissime la sua energia vitale… e l’arco muto, statico, lento nel suono, lo affatica, gli impone di usare più forza, per impugnare, per guidare, per toccare, per ottenere il suono che “spontaneamente” parte tardi e finisce troppo presto, e che va corretto, non può partire tardi e finire in anticipo… e così arrivano le tendiniti, le contratture, la fatica fisica non sostenibile, le posture imposte dallo sforzo di far lavorare un arco riottoso, lento e tardo.
E allora, il peso? Sì, quale deve essere il peso, quale è il peso giusto, il peso perfetto… la risposta dipende da chi impugna l’arco, non da una teoria generale… il peso perfetto è possibile individuarlo solo per quel Musicista, unico al mondo, per quella persona, simile a noi, eppure diversa e unica, dal suo stile, dal suo intento, lo individuiamo attraverso molte prove di calibrazione… e lo cambiamo negli anni, poiché anche il musicista cambia nel tempo, nel tempo della sua vita.
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