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Immagine del redattoreRaffaella Macuz

COME POSSO AIUTARE

Aggiornamento: 19 gen 2023

È domenica mattina, sto scrivendo queste righe, ping!, è Francesco, scrive che ha avuto un guaio con l’arco, si è spezzata la madrevite… molti chiamano la vite madrevite, non si è spezzata nessuna madrevite, è la vite, la vite del bottone… dalle foto è proprio spezzata, posso portartelo domattina? O magari questa sera? Meglio pomeriggio, eh? posso?

Francesco c’è, quando venne da me la prima volta aveva la stessa vivacità, lo stesso entusiasmo, come se stesse sempre suonando, come se fosse costantemente immerso nel fluire della musica e da lì guardasse il mondo, vivacità, entusiasmo ed esserci che ha mantenuto, magnifici, negli anni.

Mi metto a ridere, gli dico, dài, vieni domattina, stai un po’ con me mentre lo mettiamo a posto e intanto mi racconti… arriva puntuale il mattino dopo, si siede sul divanetto, un habitué, ma non dura più di due minuti, prende lo strumento e mi chiede se ho un arco, intanto che io sistemo il suo… ne sto finendo uno, era da un po’ che stava lì, e lo sto finendo pensando proprio a lui, potrebbe quasi essere il suo arco perfetto, non gliene ho ancora parlato, ma mi viene da ridere quando ci metto le mani su, mi sembra un bello scherzo da fare a Francesco… e così, con nonchalance, glielo porgo… lo sto finendo, sii buono, provalo come tu sai provare un arco, è un favore che ti chiedo.



E lui attacca, incontenibile, mentre io faccio finta di niente e mi metto diligentemente a sistemare la vite, è spezzata… come mai si è spezzata? Lavora da quasi dieci anni, e non è stato controllato abbastanza regolarmente il gioco tra vite e madrevite, Francesco non è troppo diligente su questo, e suona tanto, ma proprio tanto… sì, non era difettosa, sostituiamola, regoliamo il gioco con la madrevite…

Intanto Francesco sta tentando di massacrare il suo (è il suo, anche se ancora non lo sa) arco, e cava dal suo violoncello l’impossibile… prova con un altro mostro, e sento che doma anche quello, non è contento, un altro ancora… intanto io ho finito con il suo vecchio archetto, ripulito, lucidato…

Anche Francesco ha finito, è tutto sudato, mi guarda e scoppia a ridere, brandendo l’arco come una katana…



Grandi occhi scuri, quasi neri, arriva, mi porge l’arco, il viso è un po’ triste, c’è imbarazzo, mentre mi dice che ha deciso di riprendere, dopo quasi trent’anni… diplomata violinista, apprezzata, poi la vita, il marito, la famiglia, e poi la fatica, il bisogno… e l’arco ha l’argento verde, il crine ingiallito come foglie d’autunno, odorastro di vestiti vecchi lasciati chiusi in un baule in soffitta, la bacchetta opaca, spenta, quasi morta… la scarpetta spezzata, il bottone bloccato… mi guarda, triste, era un arco magnifico, suonava meravigliosamente, so che ha paura che le dica che non c’è niente da fare, troppo tardi… che sia troppo tardi per tutto, per lei, per la musica, per riprendere a suonare, magari a vivere...

Le dico di sedersi, sul divanetto vicino al mio banco, gradisce un caffè?, mi racconti un po’… mentre mi metto al lavoro, taglio il crine vecchio, tolgo il nasetto dalla bacchetta, smonto il nasetto… sfilo l’anello, tolgo la zeppetta in legno, sfilo la madreperla, dopo averla ripetutamente passata con alcol, tolgo il tappo alla mortasa, sfilo il nodo del crine rimasto… e poi continuo a smontare, a ripulire e lucidare ogni singolo elemento, l’anello, la coulisse, la madrevite, la vite, gli occhi, l’ebano, le madreperle… intanto Antonella ha continuato a raccontarmi di come sono andate le cose, ad osservarmi, lo sguardo ha ripreso un po’ di vivacità… ora preparo il nuovo tappo per la mortasa, sono andata a scegliere la betulla, so come deve essere e soprattutto come non deve assolutamente essere…


Ecco, ora tocca alla bacchetta, tolgo il tappo alla mortasa della testa, rimuovo il nodo di crine, e rimuovo ogni traccia di pece, rimuovo la vecchia pelle, ripulisco e lucido minuziosamente la fasciatura d’argento, scelgo la nuova pelle e preparo il pezzo esatto che posiziono dove e come so che va messo per garantire il migliore appoggio e la migliore presa delle dita… gli occhi di Antonella non perdono un passaggio, di minuto in minuto, diventano grandi, attenti, luminosi…. Il suo arco, il suo magnifico arco torna in vita, passo dopo passo… ora il nuovo tappo per la mortasa della testa, taglio, seziono, modello e porto a misura, gesti brevi e delicati, la stessa perfetta betulla… sì, così va bene.

Vado a scegliere il crine, ecco, per questo arco ci vogliono 8,3 grammi, non di più, non di meno, sì, questo è il crine giusto per questo arco, non venite mai a parlarmi di crine sbiancato, allungato, dai versi impazziti…. non mi importa se il 90% del crine oggi in commercio è così, fa schifo lo stesso, non dura, si spezza, si allunga, non ha grip, non ha presa, non suona… non può suonare, non deve essere usato, mai.


E non osate nemmeno pensare al crine sintetico, è un abominio. Come? È difficile trovare il crine buono? Quello non trattato, naturale, con i versi al loro posto? Quello che viene da animali sani e ben tenuti? Quello che viene preparato da chi sa come si deve fare, spesso da generazioni? Eh sì, lo è, perbacco se lo è, è difficile, e va fatto.

Ecco, cominciamo da dove nasce, dalla parte più chiara, il primo nodo, un nodo molto speciale, è una delle operazioni più difficili, il mio maestro non la finiva mai, stretto, serrato, sì, ma non troppo, i giri, quanti giri, e come, già… sì, è venuto bene, ora il fornelletto… Antonella ora tace, assorta, non muove un muscolo, non la sento nemmeno respirare, lo sguardo è magnetizzato dal nuovo crine, so che lo vede già teso sull’arco… e mi fermo.

Mi volto verso di lei, sorrido, lei sorride… occorre rifare la scarpetta, e va fatta prima di mettere mano al crine, naturalmente, ma ho voluto aiutare Antonella a vedere quel che non poteva vedere se mi fossi fermata alla scarpetta… è passata più di un’ora, le dico di andare, e di tornare domani, il suo arco, domani, sarà di nuovo vivo.


L’indomani ritorna, è inquieta, il suo arco, allora… io sono contenta, il suo arco è quasi pronto, ancora pochi tocchi… mi torna in mente il mio maestro, quando lo seguii nel suo laboratorio, tanti e tanti anni fa, lei ha il suo violino, le ho chiesto di portarlo per provare con me il suo arco, e metterlo a punto insieme… ancora qualche tocco, le dico, e le chiedo, intanto che finisco, per favore, prova questo arco… era da tempo con me, lo avevo costruito sentendo che era di qualcuno, qualcuno che non conoscevo, ma che sarebbe arrivato, e avrei saputo chi era quando lo avessi incontrato… sì, lo so, sono fantasie, mi hanno spesso accompagnato mentre preparo un nuovo arco, si vede che sono fortunata, prima o poi il padrone, la padrona dell’arco arriva da me, e l’arco vuole essere messo alla prova, sicuro del fatto suo.

Antonella acconsente, qualche ombra passa rapida sul suo viso, mobile, espressivo… ha un bel viso, l’età non ha niente a che fare con la bellezza, con gentile fermezza impugna l’arco che le porgo, poi lo posa, lieve, sul pianoforte, accorda il suo violino, e inizia a provarlo… non lo faccio apposta, non è una tecnica, a volte accade, quasi sempre no, ma lì, allora, ecco, io dovevo invitarla alla prova, era la cosa giusta da fare…

Prendo il vecchio arco di Antonella, dò la pece, e poi lo passo nel mio grembiule, dopo aver dato la pece un po’ di polvere si attacca sempre alla bacchetta, non posso darle il suo archetto così… pochi minuti, Antonella sta provando, è Mozart, il concerto numero 3 in Sol Maggiore, molti lo prediligono… beh, saranno anche passati trent’anni, ma è impeccabile, gli dei la benedicano… sono voltata di spalle, lei non può vedere il mio viso, io non posso vedere il suo, ma sento vita, vigore, forza, passione, fermezza, coraggio, sfida, gentilezza…

Allora mi volto, e la guardo, ed è bella, e so che lei così si sente… si ferma, mi guarda, sorride, e io sorrido…


Tante, tante le storie…

“ciao Raffaella, ci siamo visti a Mondomusica un mese fa… sono in viaggio, devo portare il mio strumento a Cremona, è che devo anche sistemare gli archetti, e poi questa notte devo ripartire, ho il volo per Tokyo alle 2… se arrivo per, diciamo le 5, ce la fai a sistemarli? Eh? Come dici? Quanti sono?, mah, sette, otto, li ho presi su e non li ho contati… ah sì, dunque, uno ha la fasciatura da rifare, uno la pelle, uno ha la vite che non gira mica bene, uno è un po’ storto… eh? no no, il crine va cambiato a tutti…”

È domenica sera, quasi ora di cena, sto chiacchierando con un amico, arriva il ping, guardo che cosa è arrivato… disastro! Si trova a Londra, l’arco si è rotto! Che cosa vuol dire l’arco si è rotto… tutto il crine è uscito dalla bacchetta

Sto finendo di levigare la scarpetta, ultimi tocchi, chiama Giovanni, atterrito: “Era nella sua custodia, ieri era perfetto, ho appena aperto, quasi tutti i crini tagliati alla stessa altezza… nessuno lo ha toccato, nessuno lo ha aperto, è un disastro, e adesso?”

Vorrei raccontarle tutte, forse lo farò, non qui, non adesso.



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